E’ stato un abbraccio, un inconfondibile incontro di corpi pelle a pelle, a conquistare il pubblico dello Spazio Comel. Un abbraccio che sposava chiaramente il concetto dei Legami, a cui afferiva il titolo dell’VIII edizione del Premio, ma che esprimeva anche il bisogno di un ritorno al contatto fisico. La coppia, realizzata con una raffinata tecnica di fusione in alluminio, oscilla all’interno di una gabbia in acciaio e presenta con la sua sinuosa plasticità il principale tema della ricerca artistico espressiva dell’artista spagnola Ana Celdràn Beltràn,  il corpo, visto e presentato come strumento di espressione e di conoscenza sensoriale, elemento di incontro e relazione, contenitore di armonie, cassa di risonanza, manifestazione di impermanenza e movimento.

I corpi di Ana Celdrán Beltrán sono sinuosi, ricchi di curve e morbidezze. Qui la materia, anche quella metallica che siamo abituati a percepire come rigida o tagliente, sembra ammorbidirsi e prendere movimento. I suoi uomini e le sue donne appaiono colti in un momento di danza, in una stasi effimera, che presto lascerà spazio alla forma successiva. I lavori in fusione sembrano trattenere la plasticità degli elementi in uno stadio intermedio tra solido e liquido e questo offre all’osservatore la sensazione di trovarsi di fronte a un processo in continua evoluzione di cui può cogliere solo un attimo. Girando intorno all’opera questa sensazione si rafforza cogliendola sotto angolazioni che generano luci e ombre in continua trasformazione. E’ proprio questa dicotomia tra la stabilità del mondo minerale con i suoi metalli, terre, sabbie, e la fluida impermanenza di ogni movimento a rendere particolarmente ipnotica e intrigante la ricerca artistica della Celdrán Beltrán.

Nella fusione dei corpi diventa difficile seguire il movimento del singolo. Teste, braccia e gambe si mescolano comunicando una sensazione di unità presente nella molteplicità. E’ la relazione con l’altro uno dei principali temi portati avanti attraverso la ricerca sul corpo di Ana. L ’altro è colui che diventa prolungamento del sé e al tempo stesso sua interruzione, punto di appoggio, ma anche peso e perno di equilibrio. Attraverso il limite dettato dal corpo dell’altro si definisce l’identità del singolo. Realizzati con lo stesso materiale i corpi raccontano la radice comune dell’esperienza umana. Inseparabili negli abbracci mostrano come ogni singola vita sia indissolubilmente legata a quella degli altri e ogni gesto porti conseguenze non solo per chi lo compie ma per l’intero sistema retto da equilibri e sinergie.

(testo di Dafne Crocella dal catalogo edito dalla Comel)