L’arte partecipativa è cifra che distingue il lavoro di Mela Wayfinder. Incontrarla equivale a mettersi in gioco e a farlo in modo più o meno profondo osservando la nostra superficie, la nostra forma fisica così come ciò che ci muove nell’intimo, ciò che appare meno evidente a volte anche a noi stessi.
Con l’opera Play With Me l’invito è esplicitamente ed è già contenuto nel titolo. Qui il concetto di gioco si dichiara, mostrandosi come strumento di crescita, di osservazione consapevole, di “messa in gioco” delle certezze, del conforme. Mela Wayfinder ci invita ad un’esperienza di arte partecipativa lasciando su un tavolo i quattro cubi, quattro dadi, oggetti fin dall’antichità collegati al gioco.
Sulle sei faccio dei dadi non troviamo i pallini me gambe e busti di personaggi poco comuni. Sono elementi che andranno a formare una immagine composta. Attraverso il gioco della composizione si possono ruotare i cubi facendoli cambiare faccia creando ogni volta una versione personale dell’opera. Le immagini riproducono due persone nell’atto di avvicinarsi per baciarsi. Si coglie così il bacio e l’attesa del bacio, quel momento prima del contatto che è intriso di sentimenti comuni a tutti.
Guardando bene ci accorgeremo che i personaggi raffigurati sono caratterizzati da particolarità fisiche più o meno immaginarie, particolarità che spesso sono definite disabilità, ma che sul tavolo da gioco di Mela Wayfinder si mescolano a un mondo immaginario dove le conseguenze di una poliomielite appaiono insieme alla coda di una sirena, o il caos mentale è solo un’altra faccia di un paio d’ali. Su alcune facce dei cubi ritroviamo brevi frasi che ci aprono a interrogativi. Il tema è chiaramente quello del diritto al piacere indipendentemente dalla forma della nostra fisicità.
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