E’ una colonna di lattine di passata di pomodoro quella retta dal grande sforzo del corpo plastico di un operaio. L’uomo sembra essere proprio lo stesso che svariate generazioni prima alzava le colonne dell’impero romano. La storia inizia con una narrazione che si ancora a quella di Giulio Aristide Sartorio e del suo Fregio alla Giovane Italia dipinto ad encausto per l’aula della Camera dei Deputati.

Francesca Coccurello raccoglie un dettaglio del grande fregio e lo stampa su tela per poi applicarlo sull’opera creando due strisce temporali in dialogo. Nella parte superiore del lavoro troviamo il richiamo all’opera del Sartorio. L’occhio cade sullo sforzo fisico di due schiavi che sostengono una colonna.


Lo stesso schiavo è riprodotto nella parte inferiore del lavoro dove una pila traballante di lattine, evidente richiamo all’opera di Warhol, ha preso il posto della colonna classica.

In un confronto tra impero romano e imperialismo contemporaneo ritroviamo lo schiavo alienato ancora intento nello stesso sforzo. Alla grandezza di un’arte classica che ancora godiamo e allo sforzo rivolto verso la creazione di opere imperiture, abbiamo oggi sostituito lo sforzo produttivo del consumismo che alla permanenza predilige la rapida caducità, reggendosi su una nuova e più subdola schiavitù: quella che ci rende dipendenti alle logiche e agli interessi del mercato.

dettaglio

Il titolo Sic Transit Gloria Mundi offre una esplicita chiave di lettura e anche lo stesso Colosseo sullo sfondo della striscia temporale contemporanea, lo ritroviamo tra la spazzatura di una Roma che non riesce più a gestire l’enorme massa di storia che la sovrasta.