DANIELA DI MASE
LA FORMAZIONE
Affascinata fin da giovane dai lavori di Andrea Pazienza, Milo Manara e Riccardo Mannelli, Daniela di Mase si iscrive all’Istituto Europeo di Design quest’ultimo insegna. Agli studi sul nudo aggiunge presto quelli della scuola di Arti e Mestieri del Comune di Roma dove approfondisce fotografia, grafica e oreficeria.
Oggi ritroviamo nel suo lavoro un’ampia poliedricità di tecniche che spaziano dalla pittura, all’illustrazione, dalla grafica alla creazione di gioielli.
A questo si aggiunge uno sguardo attento al contemporaneo che si mostra come insieme che chiede di essere raccontato attraverso assemblaggi di un pluralismo di tecniche.
LA TECNICA
Con uno sguardo vicino al ready made, Daniela raccoglie oggetti e utilizza supporti destinati ad altro inserendoli in narrazioni che si aprono su tematiche contemporanee e indagini sociali. Quello che ci circonda è sempre simbolo di un’epoca, e può quindi diventare strumento di denuncia o elemento narrativo.Così le barbie degli anni Ottanta e Novanta, che l’artista conserva con un gusto vintage entrano nel suo progetto 12 Barbie. Le piccole donne che hanno preso il posto delle bambole di pezza nei giochi delle bambine, si trasformano in sostegni per le definizioni delle cartelle cliniche degli ospedali psichiatrici degli anni Venti e al tempo stesso si mescolano a una estetica pop, diventando cartelli che pubblicizzano scelte di indipendenza e conquiste ottenute con secoli di lotte femministe. L’oggetto con il quale più di una generazione ha giocato e ha quindi formato il suo immaginario di genere, mostra il percorso che da vittima porta verso il riscatto.
Allo stesso modo i fornelli sporchi della cucina diventano tela sulla quale resti di cibo e schizzi di sugo si trasformano in narrazione comunicando una dimensione domestica in cui il quotidiano non è più nascosto, ma è parte integrante, sostegno sia fisico che concettuale, dell’opera richiamandosi a testi poetici e suggestioni artistiche in un rimando tra testo, contesto e ipertesto che mostra la stratificazione e l’ampiezza di approcci nei quali è immersa la nostra contemporaneità.
Parallelamente a questo approccio Daniela Di Mase porta avanti un percorso pittorico principalmente di tecniche miste su carta in cui immagini realistiche interagiscono con elementi cromatici, geometrici e testi più o meno frammentati, in una composizione di layers che sottolinea ancora, ma qui in chiave bidimensionale, la stratificazione delle nostre percezioni e i livelli di sguardo e interpretazione su cui si può aprire la medesima realtà.
LA RICERCA CREATIVA
Nei lavori di Daniela Di Mase tornano figure geometriche sferiche. Si tratta spesso di cerchi o dischi che circondano l’immagine, fuoriescono dalla cornice dell’opera e convergono in precisi movimenti, come torrenti, canali, flussi. Possono essere circonferenze riempite di parole o lettere, o dischi monocromatici. Sono elementi che mostrano il fluire delle energie. A queste forme spesso si aggiungono elementi cromatici curvi che rafforzano la percezione visiva di qualcosa che circonda, avvolge, e passa. Daniela Di Mase in questo modo svela ed espone ciò che la vista umana non può cogliere, ossia l’essenza che permane intorno a cose e persone, i vissuti e le loro interpretazioni, le onde pensiero, i campi magnetici, i corpi aurici, l’eterico… Anche questi corpi sottili, esattamente come avviene per gli strati del mondo materiale, si sovrappongono tra loro, si accordano in cromatismi, prendono forme inaspettate e poi scompaiono. Nella ricerca creativa di Daniela Di Mase emerge il desiderio di mostrare l’invisibile e di farlo utilizzando ciò che abbiamo sotto gli occhi quotidianamente, ciò che diamo per scontato e non notiamo, come la sedia di plastica di un bar, un oggetto che contiene una infinita gamma di narrazioni che vanno dal vuoto, dall’assenza a tutte le possibili presenze con le loro emozioni e i loro vissuti in continua sovrapposizione e stratificazione. Nulla è completamente neutro. Abitiamo questo Pianeta e viviamo immersi nelle nostre stesse trasformazioni materiche al punto che ormai abbiamo scritto nell’immateriale lasciando impronte ovunque. Daniela Di Mase segue queste tracce, le osserva e ce le riconsegna in una mappatura di mondo e di vita che è al tempo stesso ritratto del materiale e dell’immateriale.
FEATURED ARTWORK
IN QUESTO MANICOMIO A CIELO APERTO
Insolente, impertinente, esibizionista, lasciva. E poi ancora ciarliera, indocile, civettuola, ninfomane. Questi e tanti altri ancora sono stati i termini ritrovati nelle cartelle cliniche delle donne che venivano internate nei manicomi. Definizioni tutt’altro che mediche che oggi mostrano lo stigma sociale inflitto ai “non conformi” e in particolar mondo alle donne che uscivano dalle maglie della società patriarcale. Bastavano tre aggettivi per far sì che una donna venisse allontanata dalla famiglia e chiusa in manicomio. Tre aggettivi che messi insieme dovevano descrivere un carattere pericoloso, per sé stessa o per gli altri.
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Daniela Di Mase vive e lavora a Roma.