La ricerca artistica di Maurizio Bentivoglio si muove tra pittura informale, metafisica e astratta. Architetto specializzato in pianificazione urbana, lavora con la consapevolezza che il territorio sia un contenitore di palinsesti e narrazioni, intimamente legato a chi lo abita. Il ruolo dell’artista è dunque una sorta di missione atta a tradurre il linguaggio architettonico per facilitare una riappropriazione artistica del territorio urbano. Questa sua visione l’ha spinto a dare vita al progetto Arterritorio.

 

Metterò assieme pezzo a pezzo la città perfetta,

fatta di frammenti mescolati con il resto

Italo Calvino – Le Città Invisibili

 

Città formate da un lento e continuo stratificarsi, ricche dei vissuti di chi le abita che quotidianamente s’incrociano creando e trasformando l’ambiente urbano ma anche subendolo e lasciandosi trasformare da questo e dalle sue forme. Questo è il punto di partenza della ricerca mossa da Maurizio Bentivoglio e presentata alla mostra Come Fiori in Città.

Davanti al continuo formarsi, disgregarsi, riorganizzarsi e comporsi strato su strato delle nostre città, l’artista assume un ruolo centrale. La sua presenza è innanzitutto sguardo di consapevolezza e poi scelta di mostrare e mostrarsi.

Nel dittico Il Traduttore di Palinsesti, è narrata la dinamica tra sguardo dell’artista, struttura urbana e cittadini. Le due opere sono sottotitolate Narrazione e Sintesi: mentre nella prima ritornano canoni figurativi che conducono a una narrazione, la sintesi è affidata all’astrazione dell’immagine.

In Narrazione l’artista è voltato di spalle, nello sforzo della ricerca espressiva e interpretativa. Tra lui e le strutture architettoniche si apre un vuoto di comunicazione espresso da due punti prospettici diversi. L’indifferenza del contesto urbano davanti alla fatica dell’artista è controbilanciata dallo sguardo dei cittadini in attesa. Sguardo rivolto al lavoro creativo.

 

Il dittico si allarga con l’opera Sintesi, un palinsesto in cui la città e le strutture architettoniche sono riprodotte in chiave astratta. Qui le stratificazioni appaiono con evidenza. L’opera più piccola si specchia in scala nel palinsesto dell’opera più grande, dove il linguaggio meno superficiale non riporta più oggetti e strutture ma essenza. La narrazione, ricca di dettagli, diventa paradossalmente più piccola della sua stessa sintesi, a sottolineare la ricchezza e la profondità contenute nel non espresso. L’invito mosso dal Bentivoglio agli artisti è quello di recuperare il contenuto della “propria cassetta degli attrezzi” e con questo creare nuovi linguaggi che possano aprirsi come interpreti verso un rapporto meno alienante tra cittadini e strutture architettoniche.

 

>> Maurizio Bentivoglio nella mostra La Maschera Dipinta