Il lavoro in fiber art di Antonella Fiorillo entra nel borgo di Chia risuonando con la sua storia e intrecciandosi con il paesaggio e con reading di Maura Gigliotti dell’Acqua e dell’Oblio. Le case abbandonate di Chia diventano cornice per il racconto sulla storia di Africo, piccolo comune calabrese che nel 1958 fu fatto evacuare con la scusa di una alluvione e mai più è stato abitato. Case vuote, raccontate nel testo della Gigliotti, che contengono la storia di un abbandono non voluto, e trovano risposta nel testo ricamato a mano da Antonella Fiorillo “Va, e ripara la mia casa”. Un’invocazione, un pressante invito a tornare e porre rimedio. Un desiderio di ricostruzione che è sia materiale che identitario e che vede nel simbolo della casa il luogo della propria manifestazione.

L’opera già esposta per le Giornate Basagliane richiama il valore del non abbandono delle memorie, delle tradizioni e delle radici. Un monito che è visivamente presente nella scelta del medium della Fiorillo che raccoglie il filo della tradizione dalle mani delle sue antenate e ce lo restituisce impreziosito.

Fa eco a questa prima opera, un secondo telo che, staccandosi dalle case abbandonate cade dalla rupe. Con un chiaro richiamo al lavoro di Maria Lai la montagna entra nella vita del borgo attraverso il tessere e consegna un messaggio. Sul telo in cotone grezzo Antonella Fiorillo ha cucito la frase “Siamo Sapere, Sappiamo Essere”. Un invito a non dimenticare le proprie conoscenze, in particolar modo quelle legate alla nostra essenza più atavica. Essere sapere è un vincolo, un’identità dalla quale non si può prescindere. E’ il riconoscimento di un filo che ci collega alla nostra radice. Solo conoscendo questo filo possiamo tornare ad essere autenticamente nel nostro contemporaneo.

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